Estratto dal parere della Commissione Nazionale Bioetica su: CONOSCERE LE PROPRIE ORIGINI BIOLOGICHE NELLA PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA ETEROLOGA
"..................In ultimo, occorre notare che eludere la richiesta di conoscere la verità implica una specifica forma di violenza: la violenza di chi, conoscendo la verità che concerne un’altra persona e potendo comunicargliela, si rifiuta di farlo, mantenendo nei suoi confronti un’indebita posizione di potere. Ulteriore rilievo ha questa argomentazione quando questo soggetto sia lo Stato: si deve ricordare il tema individuato da Kant del principio supremo del diritto pubblico, che non può che essere quello della pubblicità, dell’abolizione degli arcana imperii in qualsiasi forma. Lo Stato non ha il diritto e non dovrebbe mai avere il potere di precludere l’accesso alla verità non solo ai propri cittadini, ma a qualsiasi essere umano, in particolare quando questa verità ha per oggetto l’identità personale. Tuttavia l’ordinamento non deve assumere in astratto il principio verità, predeterminandolo in forme obbligatorie, bensì prevederlo con riferimento al solo soggetto che ad esso possa essere esistenzialmente interessato, cioè lo stesso figlio, e solo quando sia proprio costui a rivendicare il suo diritto alla conoscenza della verità: diritto che l’ordinamento non può e non deve sindacare sotto alcun profilo e meno che mai sotto quello delle motivazioni psicologiche che possano sorreggerlo. Un orientamento ordinamentale che corrisponde, in linea di principio, a ciò che caratterizza tutte le pratiche mediche: ogni soggetto ha il diritto assoluto di venire a conoscenza delle condizioni della propria salute e di essere informato in merito ad ogni pratica medica alla quale possa essere attualmente sottoposto o essere stato in precedenza sottoposto. Resta la necessità di orientare le modalità di informazione secondo le circostanze concrete e possibilmente con l’aiuto di un consulente psicologico in grado di fornire il sostegno necessario. Mentre 16 dopo il raggiungimento della maggiore età non si vedono ragioni per limitare la possibilità di esercizio del diritto di conoscere le proprie origini, una certa cautela sembra opportuna nella fase della minore età. Durante questo periodo l’interesse prevalente del minore, che in astratto orienta a favore della conoscenza delle origini, potrebbe in concreto esigere delle cautele, delle attese, l’accertamento delle condizioni psicologiche del minore, l’individuazione delle modalità migliori per favorire una conoscenza non traumatica per sé e per l’equilibrio della famiglia nella quale è inserito. Va comunque raccomandata la responsabilità di chi consente tali forme di procreazione e che dovrebbe almeno tradursi nella possibilità di fornire ai genitori legali le informazioni e le consulenze necessarie per iniziare in modo adeguato il rapporto con il figlio nato mediante questa procedura, al fine di evitare che si cristallizzino situazioni tali da rendere più traumatica la conoscenza della verità........."