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02.02.2014 17:20

Adozione: conseguenze psicologiche del mancato accesso alle proprie origini

 
Conseguenze psicologiche del mancato accesso alle proprie origini, il caso dei bambini non riconosciuti alla nascita, adozione e diritto.
Conoscere le proprie origini e' un diritto

Questo intervento è stato pubblicato in sede di un convegno a favore della modifica di un articolo della legge sull'adozione che prevede l'impossibilità, da parte degli adottati i cui genitori all'atto della nascita abbiano fatto richiesta di non tracciabilità, di riscoprire le proprie origini; nemmeno compiuti i 25 anni; nemmeno in caso di malattia genetica grave. Tali documenti vengono sciolti dal segreto dopo 100 anni. Quali sono le conseguenze psicologiche del mancato accesso alle proprie origini?

Articolo 24 legge 149 del marzo 2001

1. L’articolo 28 della legge n. 184 è sostituito dal seguente: «Art. 28. – 1. Il minore adottato è informato di tale sua condizione ed i genitori adottivi vi provvedono nei modi e termini che essi ritengono più opportuni.

2. Qualunque attestazione di stato civile riferita all’adottato deve essere rilasciata con la sola indicazione del nuovo cognome e con l’esclusione di qualsiasi riferimento alla paternità e alla maternità del minore e dell’annotazione di cui all’articolo 26, comma 4.

3. L’ufficiale di stato civile, l’ufficiale di anagrafe e qualsiasi altro ente pubblico o privato, autorità o pubblico ufficio debbono rifiutarsi di fornire notizie, informazioni, certificazioni, estratti o copie dai quali possa comunque risultare il rapporto di adozione, salvo autorizzazione espressa dell’autorità giudiziaria. Non è necessaria l’autorizzazione qualora la richiesta provenga dall’ufficiale di stato civile, per verificare se sussistano impedimenti matrimoniali.

4. Le informazioni concernenti l’identità dei genitori biologici possono essere fornite ai genitori adottivi, quali esercenti la potestà dei genitori, su autorizzazione del tribunale per i minorenni, solo se sussistono gravi e comprovati motivi. Il tribunale accerta che l’informazione sia preceduta e accompagnata da adeguata preparazione e assistenza del minore. Le informazioni possono essere fornite anche al responsabile di una struttura ospedaliera o di un presidio sanitario, ove ricorrano i presupposti della necessità e della urgenza e vi sia grave pericolo per la salute del minore.

5. L’adottato, raggiunta l’età di venticinque anni, può accedere a informazioni che riguardano la sua origine e l’identità dei propri genitori biologici. Può farlo anche raggiunta la maggiore età, se sussistono gravi e comprovati motivi attinenti alla sua salute psico-fisica. L’istanza deve essere presentata al tribunale per i minorenni del luogo di residenza.

6. Il tribunale per i minorenni procede all’audizione delle persone di cui ritenga opportuno l’ascolto; assume tutte le informazioni di carattere sociale e psicologico, al fine di valutare che l’accesso alle notizie di cui al comma 5 non comporti grave turbamento all’equilibrio psico-fisico del richiedente. Definita l’istruttoria, il tribunale per i minorenni autorizza con decreto l’accesso alle notizie richieste.

7. L’accesso alle informazioni non è consentito se l’adottato non sia stato riconosciuto alla nascita dalla madre naturale e qualora anche uno solo dei genitori biologici abbia dichiarato di non voler essere nominato, o abbia manifestato il consenso all’adozione a condizione di rimanere anonimo.

8. Fatto salvo quanto previsto dai commi precedenti, l’autorizzazione non è richiesta per l’adottato maggiore di età quando i genitori adottivi sono deceduti o divenuti irreperibili».

La legge Italiana sull'adozione è ritenuta una delle migliori a livello Internazionale perchè pone il diritto del minore ad avere una famiglia in primo piano.

Un bambino che per la sua perticolarissima storia personale è in condizione di adottabilità, è un bambino speciale, che specialmente va tutelato, in quanto porta con sè, anche se neonato, un pesante bagaglio di catastrofi personali.... i vissuti dell'abbandono, della diversità, dell'estraneità, del mancato riconoscimento negli occhi della madre biologica, della mancata conoscenza delle proprie Origini.

L'etimologia del termine stesso "origine" ne sancisce l'importanza; contiene in sé: il concetto di nascita e della possibilità di orientarsi. Quando all'interno di un percorso di vita si impone un conflitto, uno squarcio di senso, un evento fortemente traumatico, la mente umana può vacillare e perdersi nel dissenso.

Cosa può succedere dove lo squarcio, il vuoto, si impone alle radici della persona, nel cuore della sua identità?

Non conoscere le proprie origini pone l'animo dell'adottato in una situazione di continua ricerca che può palesarsi all'esterno, in attivazione investigativa che quando necessario scavalca i limiti burocratici imposti...ma che molto più spesso si traduce in una smania interna, fatta di mille domande...perseguitanti interrogativi...che bloccano l'individuo in un limbo di "se" e "ma"... nella possibilità mancata del proseguire il proprio cammino.

Diviene difficilissimo prefiggersi e raggiungere una meta se il proprio capo e la propria attenzione sono rivolti nella direzione opposta al futuro; si continua a guardare al passato. In una parola: Disorientamento. Fortunatamente l'uomo possiede in sè risorse che lo aiutano in situazioni di deprivazione estrema e nella vita di ognuno possono essere presenti fonti esterne di appiglio, di sostegno, che concretizzano le nostre forze, i nostri intenti, dandoci continuamente motivazioni per andare avanti. A partire da questa forza, pian piano costruita nel tempo, si è fatta avanti una richiesta comune, tramutatasi nella frase che contaddistingue l'associazione astro nascente: CONOSCERE LE NOSTRE ORIGINI è UN DIRITTO.

La legge italiana, predispone che il bambino adottato venga reso consapevole della sua storia precedente; i genitori adottivi sono tenuti a raccontare al bambino la verità "nei tempi e nei modi che loro ritengono opportuni".

All'interno del percorso psicologico previsto per le coppie che fanno richiesta di adozione, molto spazio viene data all'importanza della continuità della storia personale del bambino, al rispetto delle sue origini, della sua cultura di appartenenza, soprattutto in caso di adozione internazionale ma non solo. Tutto ciò dimostra che la legge e le istituzioni hanno ben chiara l'importanza di questo tassello nella costruzione della storia di una vita, dell'identità di una persona, importanza paragonabile a quella delle radici per la crescita di un albero.

All'età di 25 anni la legge consente l'accesso ai dati personali dei genitori biologici; 25 anni perchè si presuppone raggiunto un grado di maturità tale da accogliere queste informazioni senza eccessivi traumi.

Mentre, in casi eccezionali, è previsto l'accesso a questi dati prima del compimento dei 25 anni di età, come ad esempio per motivi di salute, dove siano necessarie accurate indagini epidemiologiche nella storia familiare.Caso a parte, per i figli che non sono stati riconosciuti alla nascita. Il comma 7 art. 24 legge 196 marzo 2001 recita: 7. L’accesso alle informazioni non è consentito se l’adottato non sia stato riconosciuto alla nascita dalla madre naturale e qualora anche uno solo dei genitori biologici abbia dichiarato di non voler essere nominato, o abbia manifestato il consenso all’adozione a condizione di rimanere anonimo.La legge tutela le donne che vogliono partorire in anonimato, ma, allo stesso tempo, una persona che non viene riconosciuta alla nascita non ha il diritto di sapere quali sono le proprie origini, in nessun caso. Cercando di approfondire si scopre che l'accesso ai dati è consentito solo al decorrere di 70 anni, l'attesa arriva a 100 anni nel caso in cui ci sia la richiesta da parte di uno dei genitori di non volere essere nominato... Come dire: MAI.

[...] dopo 70 anni, per i nati fuori da strutture ospedaliere, ovvero per coloro i quali sono stati portati in brefotrofio da privati; dopo 100 anni per i nati, appunto, in strutture ospedaliere [...][...] il diviento è ai sensi dell'art. 93 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n.196 - Codice in materia di Protezione dei dati personali, che recita:"...il certificato di assistenza al parto o la cartella clinica, ove comprensivi dei dati personali che rendono identificabile la madre che abbia chiesto di non voler essere nominata avvalendosi della facoltà di cui all'art.30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n.396, possono essere rilasciati in copia integrale a chi vi abbia interesse, in conformità alla legge, DECORSI CENTO ANNI dalla formazione del documento".Invece in virtù dell'art. 122 del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n.42, riguardante il "Codice dei beni culturali e del paesaggio", il quale recita:"i documenti conservati negli archivi di Stato sono liberamente consultabili ad eccezione di quelli di carattere riservato, ai sensi dell'art.125, relativi alla politica estera o interna dello Stato, che diventano consultabili 50 anni dopo la loro data.......Il termine è di SETTANTA ANNI se i dati sono idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale o rapporti riservati di tipo familiare".

Il vissuto del mancato riconoscimento è estremamente doloroso;

Si soffre ogniqualvolta non si viene riconosciuti, in questo caso abbiamo di fronte un "mancato riconoscimento dell'esistenza" poichè non si viene riconosciuti in quanto figli. Tutti abbiamo alla nascita questo attestato di identità nel ruolo primordiale dell'essere FIGLIO. Nella propria vita si è prima figli, poi si diventa marito o moglie, genitore, zio-zia, nipote....ogni altro ruolo.Il figlio di nessuno, oltre all'abbandono, sperimenta un vuoto diverso, ed un diverso senso di colpa. Il vissuto è probabilmente quello di una punizione che si ripete, malgrado la sua bontà, di fronte alla legge.

Dal forum del sito www.astronascente.it si legge:[...] lo Stato deve tutelare il cittadino, e noi in quanto cittadini italiani, tutelati attraverso l'istituto dell'adozione, non possiamo poi successivamente essere trascurati per quanto concerne un nostro diritto fondamentale, quale quello di sapere chi siamo, dal punto di vista biologico e della nostra storia esistenziale. Sarebbe un po' come dire, e scusatemi il tono, "Ti ho già trovato una famiglia che ti alleva, per il resto arrangiati". Le norme attuali ci condannano ad una condizione di profondo disagio che, per alcuni, è stata o continua ad essere ancora nell'età adulta una sorta di violenza da subire senza possibilità di replica.[...].Intervento al forum di emilybis, giovedì 30 ottobre 2008 - 9.43.25

Rabbia, violenza, condanna, mancata tutela, condizione di profondo disagio, nessuna possibilità di replica. danno e beffa. beffa.Le norme attuali condannano queste persone ad una condizione di profondo disagio esperita, ancora nell'età adulta, come una sorta di violenza da subire senza possibilità di replica. Dall'associazione astro nascente giunge il proponimento di una modifica del comma 7, con l'istituto di un mediatore, sottolineando il diritto morale, sociale e giuridico della richiesta; Inoltre giunge lampante un'affermazione di identità, di diritto, di esistenza e di presa di coscienza, forte, gridato ad alta voce, che prende forza probabilmente da tutto ciò che nella vita di queste persone ha funzionato da propulsione, da motore, che li ha sbloccati proponendo loro di percorrere una strada che prende distanza ormai dal suo punto d'inizio ma che comunque non dimentica, che in quel punto, c'è un vuoto.